Un ascensore per disabili può essere installato in un condominio, pur riducendo la larghezza della scala condominiale. Questo, però, non ne compromette di certo l’utilizzo, in quanto la misura che risulta dalla riduzione della larghezza consente, in ogni caso, il passaggio di una persona.
Sono rari, ma non impossibili, i casi di ricorso per la costruzione di un ascensore per disabili da parte dei condòmini, i quali sostengono l’idea che ciò causi loro danno, compromettendo l’utilizzo della scala comune.
In casi passati di questo tipo, i giudici che se ne sono interessati hanno ovviamente preso in considerazione le motivazioni di entrambe le parti, concludendo che le lamentazioni fossero alquanto immotivate, visto che la scala avrebbe comunque consentito il transito quotidiano.
Un esempio?
Riportiamo qui un caso, tenutosi il 5 agosto 2015, che ha rigettato il ricorso avanzato da due condòmini per l’annullamento della decisione dell’assemblea condominiale. I ricorrenti contestavano il fatto che l’installazione dell’ascensore fosse stata deliberata con una maggioranza inferiore a quella richiesta dall’art. 1120 c.c. Inoltre, sostenevano che l’innovazione aveva ridotto e reso inutilizzabile *la scala condominiale* e che aveva irrimediabilmente rovinato *il decoro architettonico.* Il ricorso tuttavia veniva rigettato sia in primo grado che in appello.
L’ascensore per disabili è un’opera per l’eliminazione delle barriere architettoniche prevista dalla Legge 13/1989, esprimendo un diritto delle persone portatrici di handicap.
Secondo i giudici di merito, l’ascensore rientra tra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche. Quindi, ne consegue la validità della delibera adottata con la maggioranza di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 1136 c.c.; nessuna violazione dell’art. 1120 c.c., perché è proprio l’art. 2 della legge 13/1989 a prevedere le dette maggioranze anziché quella prevista dal comma 5 dell’art. 1136 c.c. Inoltre, la scala non risulta inutilizzabile, perché la larghezza che rimane a disposizione dei condomini per il transito è di 72 cm, sufficiente a consentire il passaggio di una persona; né tantomeno risulta alcun pregiudizio per il decoro architettonico.
Quindi l’accusa di inservibilità non è valida.
Perché si verificano questi casi?
La causa è la poca solidarietà nei confronti di queste persone in difficoltà, etichettandole come problematiche.
Il principio di solidarietà condominiale stabilisce la necessità di coesistenza; citiamone una parte: “il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, dei vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un *diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione,* da parte di costoro, degli edifici interessati” (Cass. civ. n. 18334/2012).
L’applicazione di tali principi è necessaria considerando la presenza non solo di persone con handicap, ma anche di individui in età avanzata che non sono più in grado di spostarsi autonomamente se non grazie ad un ascensore.