Dallo scorso 24 Novembre 2015 è in vigore la procedura semplificata per l’autorizzazione dei piccoli impianti fotovoltaici di produzione elettrica, parliamo di quegli impianti aderenti o integrati ai tetti degli edifici. Il nuovo sistema, ribattezzato Modello Unico Fotovoltaico, è ai primi sei mesi di piena attività e di conseguenza produce i primi dati apprezzabili sulla propria operatività: il GSE, ovvero il Gestore dei Servizi Energetici ha, infatti, reso noto come da Gennaio a Giugno abbia ricevuto oltre 600 richieste di attivazione del servizio e abbia stipulato quasi 200 convenzioni.
Il meccanismo, insomma, si sta, forse più lentamente del previsto, mettendo in modo: il GSE e l’ANIE, ovvero l’Associazione Confindustriale delle Imprese Elettroniche ed Elettriche che operano in Italia, sono concordi nel pensare che il problema principale, che si oppone alla piena operatività, sia la dilagante disinformazione, anche a livello comunale, che inceppa l’intera macchina delle convenzioni, che di per sé definiscono unanimi “virtuoso”.
Il Modello Unico.
Proprio per tamponare questa scarsa informazione a riguardo, partiamo parlando di cosa sia questo Modello Unico Fotovoltaico: esso sostituisce tutta l’esagerata mole di modulistica precedentemente adottata da Comuni, gestori di rete, ovvero gli erogatori effettivi del servizio, e dal GSE e riduce a due semplici mosse i diversi adempimenti necessari:
- La comunicazione preliminare di inizio dei lavori;
- La comunicazione di fine dei lavori.
Tutto molto più semplice, insomma, inoltre entrambi i passaggi possono oggi essere indirizzati a un solo soggetto, ad esempio l’impresa che si occupa della distribuzione, che si incarica di svolgere il ruolo di interfaccia unitaria con tutti gli altri soggetti coinvolti nell’iter burocratico dell’autorizzazione dei lavori.
La semplificazione è riservata agli impianti di piccola taglia, ovvero quelli con un potenziale nominale fino a 20 kiloWatt (kW) e comunque non superiore a quella già disponibile in prelievo. Si tratta di impianti aderenti o integrati ai tetti, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda presente, installati da clienti già dotati di punti di prelievo in bassa tensione, ovvero dove non ci sia ulteriore produzione fotovoltaica, e per i quali sia stato richiesto dall’utente proprio l’accesso al regime di scambio sul posto.

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Difficoltà nelle operazioni.
Tutto molto semplice, dunque, ma solo in teoria. Non mancano, infatti, le difficoltà, nella concretezza, soprattutto perché chi dovrebbe applicare la norma dimostra, esso stesso, di non conoscerla realmente a fondo: per quanto possa apparire assurdo è a questa conclusione che è giunto proprio il GSE.
Durante questi primi mesi di operatività, infatti, si sono registrati numerosi casi di pratiche interrotte a metà strada, a causa della richiesta di una documentazione aggiuntiva, che, teoricamente, non dovrebbe essere necessaria e che, inevitabilmente, sono ricadute sull’utente finale in forma di richieste lunghe e difficili da soddisfate: fotografie, planimetrie, schemi d’impianto, ecc. Non vi è bisogno di dire che tutto ciò, di conseguenza, cozza spaventosamente con gli obiettivi che si era preposto il Modello Unico Fotovoltaico, ovvero proprio quello di velocizzare e snellire le pratiche necessarie all’intervento, ponendo ancora una volta l’accento sui problemi della burocrazia italiana.
Un altro tipo di ostacolo che è stato posto poco dopo l’approvazione del modello unico, verteva intorno alla questione dell’autorizzazione paesaggistica, ovvero se fosse o meno necessaria, ma il Ministero dello Sviluppo Economico, si è affrettato a chiarire, tramite apposito decreto, che tale autorizzazione non è richiesta per l’installazione di impianti in edilizia libera o soggetti a DIA, cioè proprio quelli trattati dal modello unico, se non in casi di vincolo peculiare.
Alberto Pinori, presidente di ANIE, ha così commentato i problemi relativi al nuovo Modello Unico Fotovoltaico: “A complicare la situazione c‘è sicuramente il fatto che, come spesso accaduto in Italia in altri casi simili, il modello unico è contenuto in una norma non redatta ex novo, ma che a sua volta rimanda ad altre norme precedenti. Questo, aggiunto alla scarsa conoscenza dello strumento da parte di alcun funzionari degli enti locali, ha favorito in certi casi gli impedimenti, obbligando i titolari a rinunciare all’uso del modello unico. In fin dei conti, un’occasione mancata, pur in presenza di una procedura che costituisce una reale semplificazione per gli utenti”.