La tariffa elettrica sociale, essendo caratterizzata dalla progressività del costo del kilowattora che fa scattare la soglia oltre la quale il costo dell’elettricità si moltiplica, paradossalmente sembra agevolare solamente le coppie senza figli. Ora per tutti i clienti domestici che per il riscaldamento dell’abitazione di residenza utilizzano unicamente pompe di calore elettriche, dal 1 luglio 2014 l’Autorità per l’Energia consente di sperimentare la tariffa D1, basata su un prezzo del kilowattora costante rispetto ai consumi di energia elettrica. La tariffa “piatta” avrà il compito di rivoluzionare le linee guida degli attuali tariffari, cioè la progressività del prezzo del kilowattora riguardante soprattutto le tariffe che dovrebbero tutelare maggiormente quelle famiglie e piccole imprese che non sono ancora passate al mercato libero dell’energia.
Lo scopo primario della tariffa sperimentale D1 è quello di incentivare l’efficienza energetica attraverso la promozione dell’utilizzo dei più moderni impianti di climatizzazione a pompa di calore anche nelle case, che rispetto alle caldaie a gas, se correttamente installati e calibrati, consentono notevoli risparmi. Se con le tariffe canoniche il costo dell’elettricità varia tra i 14 e i 40 centesimi di euro per kilowattora, con la tariffa sperimentale D1, che dovrebbe conciliare le esigenze di tutti, il costo riservato alle sole utenze domestiche, è fissato a 23 centesimi di euro al kilowattora, almeno fino a fine anno quando verrà poi riesaminata attraverso una consultazione pubblica.
La tariffa D1 è riservata ai clienti domestici che saranno in grado di dimostrare di utilizzare climatizzatori a pompa di calore ad alta efficienza come unico impianto di riscaldamento domestico. Non sarà necessario attivare una seconda linea elettrica, ma la linea presente potrà essere utilizzata per alimentare ogni apparecchio elettrico domestico con la tariffa D1. Con questa tariffa sperimentale sarà possibile pagare un costo più vicino a quello effettivo per i servizi di rete (trasporto, misura e gestione del contatore). Al momento il costo per questi servizi ricopre circa il 35% della bolletta di un cliente domestico “tipo”, con un consumo di 2700 kWh/anno e 3 kW di potenza impegnata, ma per chi consuma di più, più arrivare a ricoprire circa il 50% della bolletta. Con la tariffa D1 l’Autorità compie il primo passo per riallineare le tariffe ai costi, eliminando sussidi e distorsioni, attuando allo stesso tempo le normative europee e nazionali sul raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica e l’utilizzo di fonti rinnovabili.
L’Autorità garantisce la massima semplificazione della burocrazia e potranno aderire alla tariffa D1 tutti i clienti domestici con contratti di maggior tutela, ma anche quelli passati al mercato libero che ritenessero più vantaggiosa la tariffa piatta. Per l’attivazione si dovrà esprimere per iscritto l’adesione volontaria al venditore che si occuperà di trasmettere il modulo e la relativa documentazione al distributore di energia. Per l’accesso alla tariffa sperimentale, il cliente non dovrà sostenere alcun costo, se non quello del cambio di potenza del contatore, nel caso in cui lo richieda. I clienti aderenti alla sperimentazione, avranno diritto di recesso mediante comunicazione al gestore, ma in caso di sospensione, non sarà possibile, durante questa prima fase sperimentale, riattivare la tariffa D1.
Eliminando la progressività della tariffa rispetto ai consumi è possibile ridurre significativamente i costi derivanti dall’utilizzo di tecnologie efficienti e innovative quali, pompe di calore, piastre di cottura a induzione e veicoli elettrici. Grazie alla tariffa D1 e alle detrazioni fiscali per incentivare l’utilizzo delle pompe di calore, il risparmio può andare dal 10% al 25% sulla bolletta elettrica.
I benefici non si limitano ai singoli clienti ma si estendono anche all’ambiente e alla collettività. Come emerge dallo studio presentato dalla società di ricerca Ecba Project in occasione di un convegno a cura di Assoelettrica, tra il 2014 e il 2020 i benefici ambientali e sanitari potrebbero superare complessivamente la somma di 1,7 miliardi di euro, andando a coprire circa un terzo del potenziale complessivo della riduzione dei costi sociali dell’inquinamento atmosferico che secondo gli esperti, grazie alle migliori tecnologie, potrebbe essere realizzabile entro il 2020.