Il piano di rigenerazione urbana che prevede la riconversione di terreni da residenziali ad agricoli, che inizialmente doveva riguardare solamente 30 ettari, è stato ampliato a 135 ettari. Si tratta di un 1.350.000 mq. che verranno sottratti all’edilizia per arrestare il consumo di suolo. Se il Psc ha fermato l’espansione, la Variante in riduzione si spinge ancora oltre, andando a restituire all’agricoltura il 30% del terreno edificabile a favore di interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e a sostegno delle politiche di promozione dell’agricoltura periurbana.
La riduzione delle previsioni di espansione è partita dalle richieste di privati, raccolte attraverso una procedura partecipativa, con la quale i proprietari di aree attualmente edificabili si sono dimostrati interessati a riclassificare le aree stesse come territorio rurale. Un percorso di riconversione della destinazione d’uso dei terreni che è andato espandendosi arrivando a riguardare diverse zone del reggiano, da Fogliano a Pratofontana, da San Maurizio a Mancasale Nord, fino a Codemondo.
Come afferma il sindaco Luca Vecchi, “Dopo l’espansione edilizia degli anni scorsi ora viene rimessa al centro l’agricoltura, con tutte le sue potenzialità economiche ed occupazionali. E’ un provvedimento su un’area due volte e mezzo Parco Ottavi, che tutela il paesaggio e pone fine alla stagione delle speculazioni, segnando un grande patto con la città”.
Come spiega l’assessore alla Rigenerazione Urbana, Alex Pratissoli, “Non si tratta di un atto di ordinaria amministrazione. Questo risultato è il frutto di una scelta precisa, dietro la quale c‘è un’idea di città che vuole svilupparsi rigenerando se stessa”.
Il Psc, l’attuale piano urbanistico, contiene già importanti misure finalizzate alla riduzione del consumo di suolo e alla promozione della riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente. In particolare, le potenziali nuove urbanizzazioni residenziali sono state mantenute entro la soglia di incremento dello 0,8%, inferiore al limite fissato dal Piano territoriale di coordinamento provinciale, fissato al 3%. L’insieme degli interventi che coinvolgono le aree di riqualificazione della città corrisponde a due terzi degli interventi urbanistici complessivi previsti dal Psc e per promuovere le nuove politiche di rigenerazione della città si vuole ripartire dall’area dismessa Officine Reggiane, dai quartieri Mirabello, Santa Croce, Stazione centrale e dai comparti Cap-Mapre, Area Nord, Via Fratelli cervi e dagli ambiti di riqualificazione nelle frazioni di Roncocesi, Cadè, Rivalta, Massenzatico, Pratofontana, Gaida, Sesso e Fogliano. Inoltre, la variante al Regolamento urbanistico edilizio ha semplificato le procedure edilizie e urbanistiche per gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, allo scopo di rafforzare le scelte del Psc e velocizzare il raggiungimento degli obiettivi fissati in termini di rigenerazione urbana.
Osservando nel dettaglio gli stralci dal Psc, per quanto riguarda il settore residenziale, tornano agricoli 45 ettari di aree nella zona di San Maurizio, a Fogliano e Pratofontana, per un totale di oltre 610 alloggi. Per quanto riguarda le altre destinazioni d’uso, lo stralcio riguarda oltre 90 ettari suddivisi tra l’area di espansione a nord di Mancasale e l’ambito di trasformazione di Codemondo.
Oltre a questo stralcio del 30% delle previsioni residenziali, l’Amministrazione comunale ha intenzione di perseguire anche per il futuro scelte di razionalizzazione delle aree di espansione programmate con il piano urbanistico a favore dell’attuazione degli ambiti di riqualificazione della città, dei poli funzionali e degli ambiti interstiziali nell’urbanizzato caratterizzati da importanti dotazioni pubbliche. A tal proposito, prima dell’adozione della variante urbanistica, sarà possibile presentare e valutare ulteriori richieste di stralcio di aree edificabili in territorio agricolo.
Il settore delle costruzioni sta attraversando un periodo di profondo mutamento, con la riqualificazione degli edifici che raccoglie il 67% dell’intero fatturato dell’edilizia, con un’impennata del 11% in più rispetto al 2006. Si tratta di una controtendenza rispetto al mercato delle costruzioni tradizionali che ha, invece, visto un calo costante del 30%.
Un passaggio che risulta fondamentale in un panorama immobiliare in cui tre quarti degli edifici urbani conta più di 40 anni, quindi con necessità di interventi volti a rinnovare involucro e impianti. Questo cambio di tendenza rappresenta un’opportunità per liberare risorse ambientali ed economiche da reinvestire sul territorio, nonché per la definitiva riconversione del settore edile verso la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.
A determinare la scelta di attuare misure volte alla riduzione del consumo di suolo, oltre all’obiettivo di sviluppo sostenibile del territorio e alle dinamiche di mercato, si aggiungono anche valutazioni legate alla notevole attenuazione del trend di crescita demografica che ha caratterizzato gli ultimi anni. Infatti, se dal 2008 al 2011 la popolazione è aumentata del 4,8%, attualmente il numero di abitanti è pari a quello di tre anni fa.
La Variante in riduzione promossa dal Comune di Reggio Emilia risulta ancora più controcorrente se si osserva l’avanzata dell’urbanizzazione a livello nazionale. Infatti, tra il 2008 e il 2013 l’Italia ha perso irrimediabilmente 1000 chilometri quadrati di suolo, ovvero una media di 55 ettari al giorno. Il cemento, che negli anni ’50 ricopriva il 2,7% della superficie totale, nel 2014 è arrivato a inglobare il 7% del territorio nazionale, con una perdita di 21.000 chilometri quadrati in poco più di 60 anni. Senza considerare il fatto che le città continuato ad espandersi nonostante la stabilizzazione o il decremento della popolazione residente. A dimostrazione di ciò il costante aumento del suolo consumato pro-capite nei decenni, dai 167 mq. del 1950 ai 350 mq. del 2013, all’insegna di un modello insediativo caratterizzato da bassa densità, ma da una irrimediabile alterazione del territorio e dei paesaggi, il cosiddetto sprawl urbano che comporta scarsi livelli di servizi e vivibilità.
Il consumo di suolo nel nostro Paese va a discapito soprattutto dei territori a destinazione agricola, dove si è concentrato il 60% delle nuove cementificazioni dal 2008 al 2013. Le città, in precedenza caratterizzate da confini ben definiti, si sono sfrangiate, a discapito della riconoscibilità del loro fronte urbano. La campagna, d’altra parte, si presenta indefinita e si trova ad essere più terreno che territorio. Ed ecco che diventano necessarie politiche e misure volte a frenare e addirittura invertire la spirale del consumo di suolo con il ritorno all’agricolo. Gli strumenti di programmazione della città devono necessariamente occuparsi anche di aziende agricole, terreni coltivati e sovranità alimentare, rivedendo la visione urbanocentrica della pianificazione e restituendo all’agricoltura lo spazio che merita.
Rafforzando la resistenza del tessuto rurale alle pressioni esercitate dalla città, l’agricoltura periurbana può rappresentare uno strumento innovativo per contrastare il consumo di suolo. Proprio a tal proposito, attraverso un Protocollo di intesa con la Regione Emilia-Romagna, le associazioni di categoria e gli ordini professionali, Enti ed Istituti id ricerca, andranno a promuovere una forma di agricoltura urbana basata su progetti di filiera corta, in grado di prevedere rapporti diretti tra produttori e consumatori, di beni e servizi.
La Variante in riduzione, salvaguardando il territorio rurale va a ridurre il consumo di suolo con la conseguente riduzione delle opportunità di nuovi insediamenti in territorio rurale. In questo modo si vanno ad accelerare le dinamiche di recupero dell’esistente, già in atto nel settore delle costruzioni. Nuovi spazi destinati ad usi residenziali, terziari e produttivi vengono, quindi, ricavati dalla riqualificazione del patrimonio esistente, rilanciando il lavoro nel settore delle costruzioni.