Lo scorso 20 gennaio 2016 era stato approvato, in via preliminare, dal Consiglio dei Ministri, il decreto legislativo relativo alla SCIA, ovvero la Segnalazione Certificata di Inizio Attività, in attuazione della norma di delega di cui all’articolo 5 della legge delega n. 124/2015, la legge Madia, che doveva rappresentare un traguardo importante nella riforma della Pubblica Amministrazione, velocizzando e semplificando le operazioni di raccolta della documentazione necessaria a svariati interventi edilizi, di ristrutturazione e manutenzione.
Il Consiglio di Stato, però, ha respinto la bozza di decreto, richiedendone la riscrittura e specificando una serie di modifiche necessarie per l’introduzione del modello unico; secondo gli stessi giudici, infatti, il decreto non risolve i casi in cui, prima di presentare la SCIA, è necessario presentare altre autorizzazioni, ma anzi complica la materia non reputando il testo ancora idoneo a risolvere tali situazioni di incertezza applicativa. Non ci sarebbe, inoltre, chiarezza sul periodo di 18 mesi durante i quali la Pubblica Amministrazione avrebbe il diritto di diniego e di eventuale azione sulla richiesta del privato, ma anche sui documenti da allegare alla SCIA unificata.
Insomma, il testo del decreto è bloccato e in attesa di riscrittura recependo i rilievi presentati, per poi essere sottoposto nuovamente al CdS, per un nuovo parere.
Quali sono i rilievi presentati dal Consiglio di Stato?
Sono 5 in particolare i punti sui quali si sono espressi i Giudici di Palazzo Spada per i quali è necessaria una revisione e una riscrittura, vediamoli nel particolare:
- Esercizio della delega di cui alla prima parte del comma 1 dell’art. 5 della legge n. 124. Lo schema del decreto legislativo sceglie di non esercitare una parte che appare, almeno dal punto di vista ricognitivo, come uno degli oggetti principali della delega: infatti, manca la precisa classificazione dei procedimenti e individuazione di quali siano soggetti a SCIA, a silenzio assenso, ad autorizzazione espressa e a comunicazione preventiva, individuazione che viene espressamente rinviata a successivi decreti legislativi.
- Esercizio della delega di cui alla seconda parte del comma 1 dell’art. 5 della legge n. 124. Riguarda la previsione dell’obbligo di comunicare ai soggetti interessati i termini entro i quali la stessa Pubblica Amministrazione è tenuta a rispondergli, ovvero oltre i quali il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda.
- Tecnica della novella dell’art. 19 della legge n. 241, che si è preferito non utilizzare. Il Consiglio di Stato, però, suggerisce di introdurre le innovazioni della disciplina generale in materia di SCIA non in un decreto a sé, ma novellando direttamente il suddetto articolo: la concentrazione della disciplina dello stesso istituto nella stessa legge la renderebbe più sistematica e più facilmente conoscibile.
- Necessità di raccordare la disciplina sulla SCIA in edilizia con quella della legge n. 241, cogliendo l’occasione della delega per definire una disciplina generale e per chiarire alcune difficoltà interpretative residuate all’esito della riforma del 2015. In particolare il CdS pone l’accento sull’articolo 21-nonies della legge n. 241, in quanto esso introduceva un nuovo paradigma nei rapporti tra cittadino e P.A., prevedendo un limite massimo di 18 mesi all’intervento in autotutela, dopo il quale si consolidano le situazioni dei privati: risulta necessario applicarsi il nuovo paradigma anche alla SCIA, ma in modo diverso. Difatti, per la SCIA, non può parlarsi di autotutela in senso tecnico, poiché essa costituisce un provvedimento di secondo grado ed esso appare impossibile per la SCIA stessa, dove il provvedimento iniziale manca del tutto. Il nuovo articolo 21-nonies detta piuttosto, per la SCIA, la disciplina di riferimento per l’esercizio del potere ex post della P.A.: un potere inibitorio da esercitarsi solo motivando sulle ragioni di interesse pubblico, sugli interessi dei destinatari e dei controinteressati, ovviamente, entro un termine non superiore a 18 mesi per adottare il provvedimento definitivo.
- Il Consiglio di Stato interviene sull’articolo 3, comma 2 di cui viene espressamente detto che “ritiene che il testo dello schema non sia ancora idoneo a risolvere la questione fugando le attuali incertezze applicative” ed aggiungendo, sempre in riferimento allo stesso comma, che il dettato che, sembra prevedere un avvio di procedimenti autorizzanti a seguito della presentazione della SCIA, appare contraddittorio.

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L’importanza di una SCIA unica.
Il parere espresso dal Consiglio di Stato, non nasconde il suo apprezzamento per la scelta di regolare le attività soggette a SCIA, finora non normate, che, per il loro svolgimento, necessitano di “altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche”, la SCIA plurima.
Resta, invece, ancora non risolto il caso in cui la SCIA abbia come presupposto non soltanto ‘requisiti di fatto’, bensì uno o più provvedimenti di autorizzazione.
Il Consiglio di Stato configura tre diverse opzioni, in parte anche cumulabili fra loro, che consistono in:
- Escludere espressamente tali fattispecie dalla SCIA, concentrandosi solo sulla SCIA pura;
- Considerare anche i casi di SCIA non pura e imporre esplicitamente che la presentazione di tale SCIA possa avvenire soltanto una volta acquisito l’atto autorizzativo presupposto, a cura del privato;
- Prevedere che la presentazione della SCIA attivi un meccanismo per l’ottenimento dell’autorizzazione a cura dell’amministrazione ricevente, rinviando però l’avvio dell’attività al momento di tale ottenimento, trasformando di fatto, in questi casi, la “segnalazione di inizio di attività” in una sorta di “richiesta di inizio di attività”, che potrebbe essere un modello complementare rispetto a quello della SCIA pura.
Tutte e tre queste soluzioni richiedono comunque un intervento sul decreto in oggetto: il CdS lascia la scelta fra queste opzioni alla potestà normativa del Governo, che dovrà valutare i vantaggi e gli svantaggi di ognuna delle tre possibilità e tener conto delle esigenze pratiche dei destinatari della riforma.
La palla passa dunque, di nuovo, al Governo, che dovrà incaricarsi di risolvere i vari rilievi posti dal Consiglio di Stato, il quale, in seguito alla riscrittura del decreto, dovrà valutarne nuovamente la validità: in sostanza i privati e la Pubblica Amministrazione dovranno aspettare ancora per poter usufruire delle semplificazioni previste dalla SCIA.