C’è una nuova formula d’affitto che fa la voce grossa giù in città. Si tratta del contratto a canone concordato, che sta conquistando sempre più terreno all’interno del settore delle locazioni residenziali. Prendiamo in esame le dichiarazioni dei redditi presentate lo scorso anno, dunque relative all’anno d’imposta 2016. Si nota subito come il numero di coloro che hanno scelto questa formula, la cosiddetta flax tax ridotta, sia cresciuto. Ben del 28,8% in più in un anno, contro un incremento del 10,9% dei soggetti che l’hanno applicata sui contratti a canone libero. Il motivo del suo successo è da ricercare nelle deduzioni fiscali e negli sconti che questa tipologia di contratto offre ai locatori. Agevolazioni incrementate dalle, sempre più numerose, intese locali con in comuni.
Vediamo perché sempre più proprietari di immobili concessi in affitto sceglie il canone concordato e quali sono le conseguenze che questa tendenza porta.
Perché scegliere il canone concordato.
Non è un caso, dunque, se nel corso di sei anni, dal 2011 al 2016, i locatori che hanno scelto questo regime agevolato si sono moltiplicati, passando da appena 65 mila a oltre 590 mila. Sono principalmente due le motivazioni che spingono i locatori italiani a scegliere di stipulare contratti a canone concordato:
- In primo luogo la possibilità, a fronte dell’imposizione di un limite massimo del canone mensile (fissato dall’intesa locale, quindi assolutamente in linea con l’andamento del mercato), di ottenere sconti sulle imposte fisse sulla casa, in particolare sull’IMU e sulla TASI (imposta ridotta del 25% più eventuali aliquote ridotte decise dal Comune);
- Altro vantaggio è quello per cui si ha diritto ad una tassazione agevolata sul canone annuo semplicemente scegliendo il regime della cedolare secca al 10%, che sostituisce la tradizionale tassazione al 21% o le deduzioni forfettarie del 30% su IRPEF e registro.
Ad accrescere il successo di questa formula di locazione ha fortemente contribuito anche il lavoro di revisione svolto dalle associazioni di proprietari e inquilini per siglare accordi locali territoriale sempre più vantaggiosi e che vadano incontro alle esigenze di tutte le parti in gioco. Ad oggi, sono quasi 100 le intese locali rinnovate, che coprono circa 500 comuni italiani, sparsi su tutto il territorio nazionale. Molti accordi, infatti, comprendono tutti i centri provinciali. Solo per fare due esempi, quello fatto a Bologna vale per 60 comuni, quello siglato a Udine addirittura 135; nelle ultime settimane, inoltre questi numeri stanno crescendo con le firme, tra gli altri, di Cagliari, Assisi, Ferrara e Pisa.

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Rinnovo delle intese locali.
Gli accordi territoriali non implicano preventivamente una maggiore diffusione dei contratti a canone concordato. Poiché la crescita dell’utilizzo di questa formula dipende in grandissima parte dalle entità degli sconti rispetto all’andamento dei canoni “normali” di mercato. L’aggiornamento e il rinnovo di queste intese, però, permette di cementificare in base all’inflazione annua gli accordi, che in alcuni anni risultano obsoleti, fermi a 10 o più anni fa. In generale, i nuovi accordi fotografano in modo più attuale e nitido l’evoluzione del mercato locale degli affitti. Il risultato è che la formula a canone concordato risulta conveniente anche per abitazioni e zone che in precedenza risultavano escluse da questa possibilità.
La cedolare secca al 10%.
La motivazione più incidente sulla scelta del canone concordato è sicuramente la possibilità di optare per la cedolare secca al 10%. Che, tra l’altro, ha recentemente registrato la proroga fino a fine 2019 da parte dell’ultima Legge di Bilancio. Questa proroga al regime della flat tax ha interessato anche i comuni colpiti da calamità, per i quali è stato dichiarato lo stato d’emergenza nei cinque anni precedenti il 28 maggio 2014. Finestra temporale che l’ultima legge di Bilancio non ha modificato. Un dato significativo della bontà di questa soluzione è che, quando l’aliquota è stata abbassata dal 15 al 10%, azione avvenuta nel 2014, i proprietari che hanno scelto questo regime sono quasi raddoppiati: da oltre 165 mila a 311 mila.
Entrando nel particolare, questa soluzione risulta assolutamente apprezzata in Emilia Romagna, che si impone come la Regione italiana in cui è maggiore la percentuale dei contribuenti che, sul totale dei contratti a
canone concordato
siglati in regione nel 2016, hanno scelto l’opzione della cedolare secca al 10%, ben il 44,9% su oltre 110 mila proprietari immobiliari.