Qualche settimana fa è stata approvata la famosa “Legge Cirinnà”, con la quale si intende definire i diritti e i doveri delle unioni civili, ovvero il corrispettivo del matrimonio per le coppie dello stesso sesso, e delle coppie di fatto, per qualunque tipo di formazione. Lasciando da parte tutto il contorno che ha accompagnato l’approvazione di questa legge, le coppie interessate dal provvedimento stanno vedendo, lentamente, regolamentato ogni aspetto della loro quotidianità: a noi interessa focalizzare la nostra attenzione sul piano patrimoniale delle parti coinvolte, non più lasciate alla mercé del buon senso e dell’auto regolamentazione, ma inquadrate in una serie di norme che, fino a qualche settimana fa, hanno riguardato solo le coppie definite “tradizionali”. In particolare cerchiamo di dare notizia in materia di mutui immobiliari, ciò che cambia e ciò che si estende alle coppie di fatto e a quelle legate da unione civile.
Unioni civili e mutui.
Partiamo con le unioni civili, definite come la formazione sociale tra persone maggiorenni dello stesso sesso, questo contratto, come avviene per le coppie che chiameremo “tradizionali” (con il solo scopo di distinguerle dalle prime per quel che riguarda una regolamentazione vigente ormai da anni), implica automaticamente un regime di comunione dei beni, in alternativa alla separazione degli stessi, che deve però essere regolarmente messa per esplicito nel contratto di unione civile. Di conseguenza si può affermare che per tali coppie valgano tutte le disposizioni vigenti per i coniugi “tradizionali” presenti nel Codice Civile. Dunque, assumendo per data la comunione dei beni, tutti gli atti relativi agli immobili di proprietà di una coppia unita civilmente vanno trascritti, così come in caso di scioglimento del contratto, che è da considerarsi valido solo in seguito a trascrizione dell’atto, obbligatorio per legge.
Anche se non è ancora stato definito espressamente dagli organi competenti, è lecito proseguire nel solco appena tracciato e affermare che anche l’acquisto di un immobile, con o senza mutuo, sarà regolato, per le coppie unite in unione civile, così come avviene per le coppie “tradizionali”. Per l’acquisto di casa tramite un mutuo cointestato, dunque, varrà la stessa possibilità di detrarre gli interessi passivi del mutuo stesso sia nel caso di acquisto di un immobile in comproprietà, che in regime di comunione dei beni. Entrambi i componenti della coppia unita tramite unione civile potranno quindi non solo detrarre la propria quota di interessi passivi, ovvero il 19% per un una quota massima di 4.000 euro, ma uno dei due potrà anche detrarre il 100%, in caso abbia fiscalmente a carico il proprio compagno/a.
Allo stesso modo, in caso di scioglimento dell’unione civile si dovrà applicare la stessa normativa dei casi di divorzio, espressa dal Codice Civile. Nel caso, dunque, di separazione della coppia unita civilmente, mentre è ancora attivo il pagamento di un mutuo cointestato, la parte obbligata a pagare gli alimenti può decidere di continuare a pagare le rate e chiedere la detrazione dall’assegno versato all’ex-compagno, esattamente come accade in caso di divorzio per le coppie “tradizionali” sposate. Può, in effetti, capitare, analogamente alle famiglie tradizionali, che, in caso di separazione, l’immobile, anche se ancora soggetto a mutuo, sia assegnato solo ad uno dei due componenti della coppia e che l’altro debba continuare a pagare la sua parte di rata pur non avendo più residenza nell’immobile. Ovviamente, in questi casi, è sempre possibile procedere alla vendita consensuale dell’immobile, in modo di estinguere il mutuo, o alla rinegoziazione del mutuo, in modo che solo la parte che desidera rimanere proprietaria, sia anche la sola intestataria del contratto di finanziamento.
Infine, in caso di morte di uno dei due componenti della coppia unita civilmente, si applica la normativa in materia di successione ereditaria, rifacendosi, ancora una volta, alla regolamentazione vigente per le coppie sposate “tradizionali”, presente nel Codice Civile. Attenzione, però, perché il compagno rimasto in vita ha lo stesso diritto di successione che spetta al coniuge di una coppia “tradizionale”, eredita dunque anche l’eventuale obbligo di estinzione, al posto del compagno defunto, di eventuali contratti di mutuo ancora in essere, a meno di non rifiutare l’eredità in toto.

Coppie di fatto, ancora poche certezze.
Per quanto riguarda le convivenze di fatto (si definisce coppia di fatto la convivenze, di persone sia dello stesso sesso che non, non riconosciuta giuridicamente), anch’esse disciplinate dalla Legge Cirinnà, è diversa la situazione: in materia di regime patrimoniale non esiste una normativa, poiché l’unione può essere, unicamente, regolata tramite un contratto di matrimonio o di unione civile, nel quale venga specificato il regime patrimoniale, comunione dei beni o separazione, che si intende stipulare, e il modo in cui si intende regolarsi di fronte ogni tipo di pendenza in caso di scioglimento del rapporto di coppia o di morte di uno dei due conviventi.
Anche in caso di mutuo cointestato, acceso per l’acquisto di un immobile da una coppia di fatto, non vi è ancora regolamentazione in caso di scioglimento della coppia stessa, con il rischio di incorrere in cause civili: il consiglio è quello di stendere un contratto per regolare in anticipo questo tipo di eventualità, vi è infatti la possibilità di stabilire queste circostanze tramite atto pubblico o privato, convalidato da un notaio.
In caso di morte di uno dei due conviventi di coppia di fatto, l’altra parte ha diritto a vivere nel medesimo immobile, anche se di proprietà del defunto, per due anni, ma non per più di cinque anni dalla morte del convivente, inoltre ha il diritto, se voluto, di succedere al compagno in caso di eventuale contratto di affitto. Tutti questi diritti si estinguono in caso di formazione di un nuovo legame di coppia.