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RICHIESTA MUTUI: L’ITALIA È IN FLESSIONE, MA NON A CAUSA DI BREXIT

Il conto dei mutui richiesti dagli italiani è al secondo mese negativo consecutivo e subito si è temuto ad un effetto Brexit, ma le due cose non sono collegate. Ecco il perché e quale la reale situazione in Italia.

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrà sicuramente impatti importanti sul mondo finanziario e di conseguenza su quello dei mutui, tanto in Europa, come in Italia. A due mesi dal referendum popolare che ha portato alla famosa Brexit, è possibile fare una prima analisi di quelli che sono stati gli effetti nel brevissimo termine sui mercati finanziari, basando lo studio su dati reali, ed evitando inutili, e spesso infondatamente catastrofiche, ipotesi.

Anticipiamo fin da ora che l’Italia, nel mese di Luglio, ha fatto registrare un secondo dato negativo, dopo quello di Maggio, nel conto del numero di domande di nuovi mutui ipotecari e surroghe da parte delle famiglie, ma questa contrazione del mercato non sembra essere collegata agli effetti dell’uscita della UK dalla UE. Dopo 35 mesi di segno positivo, dunque, in Italia scatta un secondo campanello d’allarme, ma, in sostanza, non si può cercare scusanti o colpevoli esteri.

Impatto Brexit.

Senza entrare nello specifico di come tecnicamente funzionino i mercati finanziari, è importante rendere conto di come i rischi nel breve, ma soprattutto nel lungo termine, siano oggetti di studio tanto a Londra, come a Bruxelles, è dunque lecito aspettarsi che, durante le trattative internazionali, saranno prese tutte le misure possibili e adeguate per la tutela del cittadino.

A Francoforte, la BCE, si è già messa in moto con misure tutelative: Brexit ha innescato aspettative di nuove misure espansive da parte della BCE, attuabili nel corso dei prossimi trimestri, a garanzia e sostegno della liquidità di mercato, per la stabilità e la crescita dell’area euro.

Il principale effetto apprezzabile, a seguito del referendum inglese, è stato quello relativo alle aspettative dei tassi Euribor e interbancari IRS per i prossimi mesi e, forse, anni (che sono i valori che influenzano rispettivamente i mutui a tasso variabile e fisso): i tassi post-Brexit sono in forte calo e potrebbero raggiungere i minimi storici e stabilizzarsi a questi livelli per lunghi periodi, addirittura scendere sotto lo zero e oscillare su questi valori fino a Gennaio 2021, almeno secondo stime di mercato.

In realtà, gli spread di offerta sui mutui post-Brexit, non stanno aumentando e anzi sono assolutamente stabili, se non addirittura in ulteriore riduzione, in linea con l’andamento degli ultimi anni. Le banche europee, comprese quelle italiane, non stanno dunque reagendo negativamente a Brexit o alle stime future sui mercati finanziari: i tassi applicati dalle banche sia su mutui fissi, che variabili, insomma, non hanno subito particolari effetti e stanno procedendo dritti sulla loro strada.

Più complicato è fare un quadro di quelli che potrebbero essere gli scenari futuri nel medio e lungo periodo e quali gli effetti delle trattative tra UK e Unione Europea: decisivi saranno i toni con cui verranno gestite e svolte le negoziazioni per l’uscita della Gran Bretagna.

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La situazione mutui in Italia.

Come detto in apertura, arriva inaspettato un secondo segno negativo, -1,7% per Luglio 2016, rispetto allo stesso mese dello scorso anno, nel numero di domande di nuovi mutui ipotecari e surroghe richieste ufficialmente, cioè non solo a titolo informativo, dalle famiglie italiane. È questo ciò che emerge dall’analisi delle variazioni fatta da EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF, che raccoglie i dati relativi ad oltre 78 milioni di posizioni creditizie.

Bisogna, però, tener conto che il confronto è effettuato con mesi che si sono caratterizzati per un forte incremento delle richieste, con un termine sportivo si potrebbe dire che, in sostanza, era una partita difficile da vincere; inoltre, va sottolineato come l’incidenza dei mutui di sostituzione stia progressivamente diminuendo. Si aggiunga che, questi due scivoloni negativi, avvengono dopo ben 35 mesi di positività, e di conseguenza non vanno ad intaccare il segno positivo che caratterizza il 2016 italiano: la variazione del numero di richieste aggregate, nel periodo che va da Gennaio a Luglio 2016, è pari al +12,3% rispetto allo stesso periodo di 7 mesi dello scorso anno. Non si arresta, quindi, il progressivo tentativo di recupero dei volumi precedenti alla crisi economica, anche se il gap rispetto al 2010, ad esempio, non è ancora stato colmato del tutto.

Riportiamo, di seguito, le parole di Simone Capecchi, Executive Director di CRIF, che compie una breve e positiva analisi sulla situazione in Italia: “Il mese di luglio appena concluso ha confermato il segno negativo della domanda di mutui da parte delle famiglie italiane dopo l’inaspettata flessione rilevata a Giugno. Bisogna però ricordare come il confronto puntuale avvenga con un mese che si caratterizzava per un robusto aumento delle richieste e che in termini cumulati il saldo della domanda da inizio anno continui a registrare un incremento in doppia cifra. Segno inequivocabile di un comparto che si mantiene vivace, sostenuto sia dall’offerta da parte degli istituti a tassi particolarmente favorevoli, sia dai prezzi di acquisto degli immobili ancora appetibili. Altro segnale positivo è rappresentato dall’ulteriore consolidamento dell’importo medio richiesto, che però potrebbe anche dipendere dal minor peso delle surroghe e delle sostituzioni, che per natura si caratterizzano per importi più contenuti”.

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