Ogni anno arriva il momento, per ogni inquilino locatario di un immobile e firmatario di un regolare contratto d’affitto, dell’adeguamento del canone di locazione, che avviene tramite i famosi, e spesso temuti, indici Istat. Evitando di entrare nel merito dei puri calcoli matematici (per quello sono presenti numerosi siti online in cui è possibile, tramite l’inserimento di pochi dati non personali, di calcolare il nuovo importo dovuto, anche se il nostro consiglio è sempre quello di verificare prima di fidarsi ciecamente di Internet), vediamo tutto ciò che è necessario sapere in merito all’adeguamento Istat Affitti.
Innanzitutto per reperire l’indice Istat, che viene aggiornato mensilmente, è sufficiente consultare il sito dell’Istituto, che mette a disposizione degli utenti tutti gli aggiornamenti relativi al costo della vita, necessari per calcolare l’indice di cui sopra.
Già nel lontano 1986 la Suprema Corte, tramite la sentenza numero 6604, stabiliva che l’adeguamento Istat per il
canone di locazione
è necessariamente da calcolarsi partendo dall’importo corrisposto durante il primo anno di validità del contratto di locazione stesso. In questo modo, si è voluto tutelare l’affittuario da un eventuale aumento indiscriminato dei canoni di locazione.
Nei contratti di affitto regolari deve sempre essere specificata la clausola sull’adeguamento del canone di locazione, espressa come la percentuale sugli aumenti dell’indice Istat, da corrispondere al locatore dell’immobile. Capita però, e non di rado, che, anche se indicato espressamente dal contratto e a norma di legge, il proprietario stesso dimentichi di richiedere periodicamente l’adeguamento del canone di locazione, e che lo faccia anche dopo molto tempo, richiedendolo di conseguenza immediatamente, e con gli arretrati del caso da corrispondere.
Come comportarsi in questo caso? Vediamo la casistica più rappresentativa.
Per i contratti a canone concordato (3+2 anni) la legge prevede un adeguamento del 0,75% dell’indice Istat. L’adeguamento è valido solo quando richiesto dal locatore e a partire dal mese successivo alla richiesta. La comunicazione di adeguamento deve essere ufficiale, in quanto si tratta sempre di una variazione del canone di locazione in modo definitivo.
Nel caso in cui il proprietario non provvedesse tempestivamente all’adeguamento e richiedesse lo stesso in un unico aggiornamento comprensivo anche degli anni precedenti, non potrà pretendere gli arretrati per il periodo anteriore. Sarà suo diritto, invece, richiedere l’aumento del canone di locazione, calcolato sulla base della variazione dell’indice Istat, solo a partire dal mese successivo alla richiesta.
Un esempio: ammettiamo un contratto di locazione stipulato nel 2011, l’aggiornamento dovuto per un aumento dell’indice Istat avvenuto nel 2012, ma non richiesto fino al marzo 2014, dovrà essere dovuto al proprietario dell’immobile a partire dal mese successivo, dunque dall’aprile 2014, e il canone di locazione varierà di tutte le differenze dell’indice dal mese di inizio locazione nel 2011 fino al mese di richiesta, ma non ne potrà pretendere gli arretrati, ovvero le differenze a cui avrebbe avuto diritto dal 2011 fino ad aprile 2014, periodo durante il quale non ha effettuato la richiesta di adeguamento.

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Per i contratti liberi, i famosi 4+4 anni, le condizioni contrattuali sono liberamente concordabili dalle parti, compreso l’adeguamento del canone di locazione secondo le variazioni dell’indice Istat.
In tal caso non esiste una reale legislazione che regoli l’adeguamento del canone e vale ciò che firmato ad inizio locazione: il consiglio non può che essere quello di leggere attentamente il contratto per capire come comportarsi in casi di richiesta dell’aggiornamento dopo del tempo dalla variazione dell’indice Istat.
Le situazioni più tipiche in cui un locatario può incappare sono, generalmente, due:
- Se nella clausola per l’adeguamento del canone di locazione è direttamente specificato “a richiesta” del locatore, varranno le regole previste per i contratti a canone concordato (3+2 anni) sopra descritte. Dunque anche in questo caso nessun aumento sarà dovuto se non espressamente richiesto e non possono venir richiesti gli arretrati per il periodo precedente alla richiesta;
- Se il contratto contiene la formula “adeguamento automatico anche senza esplicita richiesta”, sarà allora l’inquilino a doversi informare ed adeguare i pagamenti dell’importo dovuto, aumentato o diminuito a seconda delle variazioni Istat. In caso di mancato adeguamento il proprietario in questo caso avrà diritto anche agli arretrati accumulati, ma solo nel limite dei precedenti 5 anni, poiché è prevista la prescrizione degli aumenti anteriori.
Per il marzo 2016, ad esempio, la variazione sarà del -0,3% per la variazione annuale 100% e del -0,225% per la variazione ridotta al 75%. La variazione biennale 100% si assesta sul -0,5%, mentre la variazione ridotta al 75% sarà del -0,375%. Dunque, per il mese di marzo 2016, tutta a vantaggio dell’affittuario.