Uno dei grandi problemi italiani, per quanto riguarda il mercato immobiliare, è la pratica dell’affitto in nero che, lo sottolineiamo a scanso di equivoci, è illegale. La legge 431/1998, infatti, stabilisce la totale nullità dei contratti di locazione non registrati; con l’ordinanza n° 5794 del 28 febbraio 2019, inoltre, la Cassazione ha ribadito che ogni contratto verbale è nullo, dunque anche quelli di affitto.
In genere, si parla di
affitto in nero
quando non vi è un accordo scritto e firmato, ma solo “stipulato a voce”. Attenzione però, perché se il contratto viene redatto per iscritto, ma non viene registrato all’Agenzia delle Entrate, allora tale documento è parimenti nullo e la locazione considerata “in nero”. Infine, se il canone mensile versato al proprietario è maggiore rispetto a quanto definito dal contratto, allora anch’esso è – seppur parzialmente – un affitto in nero.
Affitto in nero: due casistiche.
Quando si parla di locazioni non regolari, l’omessa registrazione del contratto comporta due conseguenze:
- Una di carattere civilistico, ossia la nullità del contratto;
- E una di carattere tributario, cioè l’applicazione di sanzioni per l’evasione fiscale che il contratto di affitto in nero porta.
Occorre, però, distinguere due casi ben distinti, per definire a carico di chi ricadano tali conseguenze:
- Se l’accordo verbale è scaturito dal consenso di entrambe le parti in gioco, allora sia proprietario, che inquilino, ne saranno interessati;
- Se, invece, la mancata redazione/registrazione del contratto d’affitto è una scelta unilaterale fatta dal padrone di casa, allora sarà solo quest’ultimo a doverne rispondere.
Nel primo caso, il contratto è nullo per entrambe le parti. Il proprietario potrà quindi ottenere il rilascio dell’immobile, che risulta occupato senza alcun titolo; il conduttore, invece, potrà solo chiedere la restituzione parziale delle somme corrisposte, rispetto al canone concordato.
Nel secondo caso, inoltre, la Cassazione ha evidenziato che il contratto ha valore solo per il locatore (il proprietario) e non per il locatario (l’inquilino). Il primo, dunque, è tenuto a rispettarlo, mentre il secondo può anche disattenderlo. Di conseguenza l’affittuario potrebbe lasciare l’immobile in qualsiasi momento e senza dover comunicare prima la disdetta dell’accordo; ma potrebbe anche smettere di corrispondere la somma mensile concordata, senza rischiare di subire né lo sfratto, né un decreto ingiuntivo. Inoltre, potrebbe agire davanti al giudice al fine di accertare l’equiparazione del mensile a quelli a canone concordato, generalmente quindi ad un prezzo inferiore.

Quali sono le sanzioni per le parti in gioco in caso di affitto in nero?
Sanzioni pecuniarie per proprietario e inquilino.
In caso di sospetto o denuncia da parte dell’inquilino di affitto in nero, l’Agenzia delle Entrate può richiedere un accertamento fiscale al proprietario, con tassazione dei redditi percepiti e applicazione di sanzioni economiche sulla base degli stessi accertamenti.
Anche l’omesso versamento dell’IRPEF sui canoni di locazione percepiti è unicamente responsabilità del proprietario di casa. Egli rischia un accertamento, e quindi le relative sanzioni, fino a cinque anni dopo quello in cui vi è sospetto di affitto in nero.
L’omesso versamento dell’imposta di registro, infine, è solidale, ovvero a carico sia del locatore, che del locatario. Le sanzioni variano:
- Tra il 60 e il 120% (con un minimo di 200 €) dell’imposta evasa in caso di mancata indicazione del canone mensile nella dichiarazione dei redditi;
- Tra il 90 e il 180% in caso, invece, di dichiarazione del canone in misura inferiore a quella effettiva. Si parla in questo caso di “dichiarazione infedele”.
Cosa succede in caso di registrazione tardiva?
In caso di affitto, è il proprietario che deve preoccuparsi della corretta registrazione presso l’Agenzia delle Entrate del contratto di locazione. Qualora tale registrazione avvenga in ritardo rispetto a quanto previsto per legge, egli può procedere con il cosiddetto “ravvedimento operoso”. In questo caso le sanzioni, ridotte rispetto a quella ordinaria (che può raggiungere il massimo del 240% dell’imposta dovuta), dipendono dall’entità del ritardo, in particolare:
- 30 giorni di ritardo: la sanzione è pari al 6% (1/10 del 60%), con importo minimo di 20 €;
- 90 giorni di ritardo: sanzione del 12%, cioè 1/10 del 120%;
- Entro l’anno di ritardo: 15% di sanzione, ovvero 1/18 del 120%;
- Tra 1 e 2 anni di ritardo: sanzione pari al 17,14%, ossia 1/7 del 120%;
- Oltre 2 anni di ritardo: la sanzione sarà pari al 20%, quindi pari ad 1/6 del 120%;
- Se, infine, la regolarizzazione avviene solo in seguito alla contestazione della violazione, senza notifica formale, allora la sanzione sarà pari al 24% (1/5 del 120%), indipendentemente da quanto tempo sia intercorso dalla scadenza per la registrazione.
Ad ogni sanzione occorre sempre aggiungere gli interessi di mora e l’imposta dovuta.