Il “Quantitative easing” lanciato dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, prevede la stampa di 60 miliardi di euro al mese per rilanciare l’economia. Grazie alla “nuova” liquidità la Bce compra sul mercato finanziario titoli di Stato o di altro tipo, al fine di far risalire l’inflazione, ormai sotto lo zero. Ma il bazooka monetario, che teoricamente sembra funzionare, avrà realmente gli effetti sperati?
Questa manovra lanciata da Mario Draghi, prima di tutto avrà effetti sul cambio: infatti stampando più moneta la valuta si deprezza. Il mercato, in anticipo sulla Bce, ha già visto l’euro dello scorso giugno perdere il 16% sul dollaro e il 7,8% sulle valute dei 19 maggiori partner commerciali dell’Europa. La svalutazione va a sostenere le imprese che esportano fuori dall’area euro, con indubbi vantaggi anche per il nostro Paese che presenta un importante settore turistico e un Pil prodotto per il 30% dalle esportazioni.Un altro effetto positivo riguarda i tassi di interesse, infatti, se la Bce compra titoli di Stato, questi possono pagare interessi sempre più bassi. I rendimenti di molti titoli di Stato europei, in attesa del “bazooka”, sono andati sotto zero e anche i Btp italiani presentano rendimenti ai minimi storici. Gli indubbi benefici per gli Stati, nella pratica, vengono però annullati dalla bassa inflazione, ma il “quantitative easing” ha proprio lo scopo di farla risalire. L’effetto del ridimensionamento dei titoli di Stato è quello di far calare sui mercati finanziari anche i rendimenti delle obbligazioni bancarie e aziendali, quindi con benefici anche per loro. Inoltre la riduzione di altri tassi di interesse, come l’Euribor a un mese e trimestrale, va a beneficio di chi ha il mutuo e quindi dell’intera economia.
Per quanto riguarda i conti deposito, i tassi nei prossimi mesi potrebbero ridursi ulteriormente. Potrebbe prospettarsi uno scenario che vede da un lato il mercato delle banche che devono lanciare nuovi prodotti, creare un portafoglio clienti o che per particolari ragioni pagano maggiormente il denaro rispetto alla media che garantiranno ancora tassi superiori a quelli dei titoli di Stato di circa 2 punti percentuali perchè hanno interesse a mantenere prodotti a queste condizioni; dall’altro il mercato delle banche che offriranno rendimenti inferiori all’1,5% e che, quindi usciranno dal mercato dei conti deposito. I risparmiatori che investono prevalentemente in titoli di Stato, con preferenza per i Bot, i cosiddetti Bot people, spariranno in quanto investire su titoli di Stato italiano con scadenza da 3 a 12 mesi non porta più molto profitto.
Con l’acquisto di titoli di Stato , le banche dovrebbero ricavare liquidità da destinare al credito alle famiglie e alle imprese. Secondo il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è attesa una ricaduta positiva sugli investimenti, che porta a ritenere che “ci sono buone ragioni per aumentare la fiducia quindi l’invito a famiglie e imprese è che si può iniziare a spendere di più”.
Con il “Quantitative easing” si ridurranno ulteriormente gli spread tra i titoli di Stato dell’area euro con un conseguente minor costo di rifinanziamento per le banche, ma non è scontato che questo si traduca effettivamente in vantaggi per l’economia reale.
La redditività delle banche italiane dovrebbe migliorare, infatti secondo l’Abi, il Roe (Return on equity), ovvero il rapporto tra utile e patrimonio netto, nel 2015 dovrebbe risalire all’1,1% e nel 2016 all’1,7%. Il “Quantitative easing” potrebbe andare a sostenere le ancora fragili prospettive di ritorno alla profittabilità. La vendita di Btp il portafoglio potrebbe andare ad aumentare i margini, migliorando il rapporto tra utile e patrimonio netto. Inoltre, con l’acquisto dei titoli di Stato con scadenza da 2 a 30 anni da parte della Bce, le banche avranno la possibilità di vendere Btp, ricavando liquidità da destinare all’economia reale, aumentando la fetta di impieghi a imprese e famiglie per risollevare il lato della domanda.
I tassi di interesse dei mutui già ai minimi lasciano poco margine per ulteriori ribassi. Per i mutui a tasso fisso siamo attorno al 3%, mentre per quelli a tasso variabile troviamo valori ancora inferiori, quindi è probabile che scendano ancora di poco, dato che il rendimento delle banche non può azzerarsi. Riguardo ai prestiti, in realtà, il vantaggio maggiore riguarda il fatto che la massiccia liquidità sarà impiegata dalle banche per concedere più mutui, facendo accedere al credito anche alcune famiglie fino ad ora escluse.
Naturalmente tutto dipende dall’effettivo comportamento delle banche e anche se è inutile aspettarsi da subito miracoli, sicuramente verranno fatti progressivi passi avanti. Se l’inflazione torna a salire si dovrebbe invertire la discesa dei prezzi delle case con conseguenti effetti positivi anche per l’edilizia. Le imprese in difficoltà, anche a causa di ritardi cronici dei pagamenti della pubblica amministrazione, potrebbero prendere una boccata d’ossigeno grazie al credito a condizioni vantaggiose.