Anche quest’anno siamo arrivati vicino alla prima scadenza per il pagamento dell’IRPEF 2016, l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche. L’eventuale prima rata di acconto, se risultante dal modello Unico P.F., deve essere versata entro il 16 Giugno, ovvero fra 10 giorni. Oppure, entro i 30 giorni successivi (16 Luglio), ma con una maggiorazione dello 0,40%. La seconda rata di acconto, o in alternativa l’unica rata annua, è da pagare invece entro e non oltre il 30 Novembre di quest’anno.
L’IRPEF è un imposta diretta e progressiva, proporzionale all’effettiva sommatoria di tutti i redditi percepiti dal contribuente. Quest’ultimo dovrà versare al Fisco una quota differente in base allo scaglione di reddito nel quale rientra. Ad ogni fascia di reddito, infatti, corrisponde una diversa aliquota
IRPEF
. Quest’anno le aliquote sono rimaste invariate rispetto al 2015 e variano tra il 23% e il 43%. Vediamo nel dettaglio come sono suddivisi i vari scaglioni.
Scaglioni di reddito.
I° Scaglione.
Rientrano in questa fascia i contribuenti aventi un reddito compreso tra 0 e 15.000 euro. Per loro l’aliquota IRPEF è del 23%, che corrisponde, in caso reddito massimo, ovvero 15.000 , ad una tassazione di 3.450 euro. Con un rapido calcolo è facile riscontrare come in questo scaglione rientrino i lavoratori con uno stipendio non superiore a € 1.250 ;
II° Scaglione.
Comprende i redditi tra i 15.001 euro e i 28.000 euro e l’aliquota riservata a questo scaglione è del 27%. Ma attenzione al calcolo dell’imposta. Da questa fascia compresa, e nelle successive, si applica fino al massimale di ogni scaglione l’aliquota corrispondente a quella fascia, dunque l’imposta totale da pagare sarà la sommatoria di questi valori. In questo scaglione, dunque, si applica il 23% a 15.000 euro e il 27% all’eccedente, fino a 28.000 euro. In caso di reddito massimo, quindi, dovremo versare al Fisco 6.960 . Rientrano in questa categoria i lavoratori con un reddito mensile non superiore a 2.335 euro.
III° Scaglione.
È quello che comprende redditi tra i 28.001 euro e i 55.000 euro, ovvero contribuenti con un reddito massimo di 4.583 euro. Per loro l’aliquota IRPEF è del 38%, fissata sulla soglia eccedente al reddito massimo compreso nel II° Scaglione. Si applica il 38% solo per la quota di reddito che supera i 28mila euro, ai quali si applica, invece, l’aliquota precedente del 27%; il totale da corrispondere quindi, in caso di reddito massimo, è di 17.220 euro;
IV° Scaglione.
In questa categoria rientrano i redditi compresi tra i 55.001 euro e i 75.000, ovvero chi possiede un reddito mensile fino a 6.250 euro. Per chi rientra in questa fascia l’aliquota da pagare sull’eccedenza oltre i 55.000 euro è del 41%. Di conseguenza, l’imposta sarà, per uno stipendio da 75.000 € annui, pari a 25.420 euro. Ovvero la somma del: 23% su 15.000 € + 27% dei successivi 13.000€ + 38% di 27.000 + 41% dei rimanenti 20.000;
V° Scaglione.
Coinvolge tutti i redditi superiori ai 75.000€ , ovvero stipendi mensili superiori ai 6.250 euro. Per chi rientra in questo scaglione l’aliquota è del 43%, quindi bisognerà pagare 25.420 euro, ovvero il massimale del IV° Scaglione, più il 43% dell’eccedente.
Possesso di immobili.
Ogni immobile posseduto da un contribuente produce, in genere, un reddito che deve essere considerato nella sommatoria dalla quale risulterà quello complessivo da assoggettare a IRPEF, che va dichiarato nel modello 730 o nel modello Unico. Tale reddito è dato, a seconda dei casi, dalla rendita catastale rivalutata o dal canone d’affitto. Prima di iniziare a snocciolare la casistica più comune in materia di regime fiscale su immobili di possesso o locati, vi invitiamo a consultare questo articolo nel quale andiamo ad analizzare le agevolazioni fiscali per l’acquisto di immobile residenziale nel 2016.
Vendita immobile: la plusvalenza tassabile.
Dalla cessione di un immobile residenziale può derivare una plusvalenza, ovvero la differenza tra l’incasso percepito dalla vendita e il prezzo di acquisto iniziale o il coso di costruzione dell’immobile ceduto. Questo valore, se derivante da una cessione a titolo oneroso di immobile acquistato o costruito da non più di 5 anni, è considerato come reddito nella categoria dei “redditi diversi”. Come tale, dunque, va considerato al fine della tassazione IRPEF, al quale vanno applicate le normali aliquote.
La plusvalenza non è tassabile solo in in caso di:
- Immobili pervenuti per successione o usucapione;
- Immobili ricevuti in donazione, se, in riferimento alla persona che ha donato l’immobile, sono trascorsi cinque anni dall’acquisto o costruzione dello stesso;
- Unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto, o la costruzione, e la cessione, sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari;
Per la plusvalenza, ad eccezione dei casi appena indicati, è possibile anche un sistema di tassazione alternativo a quello ordinario: il venditore, infatti, al momento dell’atto della cessione, può richiedere, con dichiarazione resa ad un notaio, che sulla plusvalenza realizzata sia applicata un’imposta sostitutiva a quella sul reddito. In questo caso, l’aliquota d’imposta sostitutiva, se applicabile, è pari al 20% dell’importo della plusvalenza.

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Reddito immobile adibito ad abitazione principale.
Un volta diventati possessori di un immobile residenziale, esso produce un reddito che deve essere dichiarato ai fini della tassazione IRPEF: occorre specificare che si intende, in questo caso, solo di abitazione principale, ovvero quella in cui il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente.
Per calcolare il reddito derivante dal possesso di un immobile, la regola generale è quella per cui, per gli immobili non locati, il reddito equivale alla rendita catastale, maggiorata del 5%, ovvero: Reddito = Rendita Catastale 1,05.
Per quanto riguarda il reddito derivante da abitazione principale, occorre precisare che:
- L’IMU sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali regionali e comunali dovute in riferimento ai redditi dei fabbricati non locati;
- Il reddito dell’abitazione principale e delle relative pertinenze (non assoggettate a IMU) concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF;
Reddito su un immobile affittato: cedolare secca.
Quando un immobile di proprietà viene concesso in locazione, il locatore può scegliere di non far cumulare i canoni derivanti dal contratto di locazione sul totale dei redditi sul quale andrà calcolata l’IRPEF, optando per il regime fiscale della cedolare secca.
Quando si parla di cedolare secca si intende un regime facoltativo che si realizza come il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali, per la parte derivante dal reddito dell’immobile. A seconda del tipo di contratto, l’aliquota dell’imposta è del 21% o del 10%. Questa scelta, però, implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, da parte del locatore, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se previsto nel contratto.
Quando non è possibile o non si desidera scegliere il regime fiscale della cedolare secca, il reddito del fabbricato locato sarà costituito dall’importo maggiore fra:
- La rendita catastale aumentata del 5%;
- Il canone annuo, ridotto di una percentuale pari al 5%;
È importante sottolineare che, nel caso in cui l’immobile venga concesso in affitto, nella dichiarazione dei redditi deve essere indicato il canone di locazione, anche se non è stato percepito effettivamente.